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MICROCHIRURGIA E CHIRURGIA ENDOSCOPICA DELL’ORECCHIO

Perforazione timpanica
La membrana timpanica è un’importante barriera anatomica protettiva che impedisce a sostanze e microrganismi provenienti dall’orecchio esterno di penetrare nell’orecchio medio ed è un componente fondamentale del sistema timpano-ossiculare che trasmette i suoni all’orecchio interno. La perforazione della membrana timpanica può essere causata da:
• traumi;
• barotraumi (schiaffi, esplosioni, tuffi in acqua, immersioni);
• infezione dell’orecchio medio (otite media acuta o cronica);
• disfunzione della tuba di Eustachio
La perforazione della membrana timpanica comporta di solito un’ipoacusia trasmissiva più o meno accentuata e il rischio di infezioni ricorrenti a carico dell’orecchio medio.

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Perforazioni timpaniche

In molti casi le perforazioni timpaniche possono ripararsi spontaneamente, senza necessità di intervento chirurgico. Nelle perforazioni post-traumatiche recenti può essere utile eseguire un piccolo intervento chirurgico ambulatoriale in anestesia locale che aumenta le possibilità di chiusura spontanea della perforazione: esso consiste nell’apporre in otomicroscopia o otoendoscopia un patch di cellulosa a ricoprire la perforazione timpanica.
In molti casi di perforazione timpanica può essere indicato l’intervento di miringoplastica, eseguibile in anestesia locale o generale, in cui la membrana timpanica viene ricostruita in modo parziale o totale mediante l’innesto di materiale autologo contestualmente prelevato, come la fascia del muscolo temporale o il pericondrio della cartilagine del padiglione auricolare.

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Esito di miringoplastica con innesto di cartilagine del padiglione auricolare.

Otosclerosi
L’otosclerosi è una malattia dell’orecchio caratterizzata da un disturbo distrofico del metabolismo osseo a carico della capsula che riveste l’orecchio interno. La malattia interessa di solito individui adulti, colpendo più frequentemente le donne (in particolare durante il periodo della gravidanza), bilaterale nel 70-80% dei casi. Spesso presenta un carattere ereditario (trasmissione autosomica dominante con espressione variabile), ma esistono anche casi isolati. La patologia è caratterizzata da ipoacusia trasmissiva progressiva, dovuta, nella maggior parte dei casi, al progressivo blocco dell’articolazione stapedo-ovalare (tra la staffa e l’orecchio interno); tale condizione è caratterizzata dalla progressiva formazione di un “callo osseo” alla base della staffa che ne ostacola la corretta vibrazione. Negli stati avanzati si assiste ad una progressiva ipoacusia mista con componente neurosensoriale dovuta all’estensione della patologia alla coclea. Possono essere presenti anche acufeni e vertigini. La diagnosi è principalmente basata sulla storia clinica, l’otoscopia (membrana timpanica normale), l’esame audiometrico ed impedenzometrico (ipoacusia trasmissiva/mista, timpanometria normale, riflessi cocleo-stapediali assenti).

Le possibilità terapeutiche nell’otosclerosi sono:
 il follow-up (forme iniziali, dubbi diagnostici, pazienti anziani e/o con controindicazioni di ordine sistemico o rifiuto dell’intervento);
 la protesizzazione acustica, che tuttavia non ferma la progressione della malattia;
 in alcuni pazienti l’assunzione di floruro di sodio sembra essere in grado di rallentare o addirittura arrestare la progressione della malattia;
 l’intervento chirurgico di stapedotomia. Esso ha l’obiettivo di risolvere la componente trasmissiva dell’ipoacusia. In anestesia locale o generale, l’intervento consiste nel sollevare la membrana timpanica (timpanotomia esplorativa), verificare l’effettivo blocco della staffa, rimuovere della parte superiore della staffa, quindi praticare un foro nella base della staffa (platinotomia) ed infine posizionare una protesi a pistone che viene da un lato agganciata all’incudine e dall’altro posizionata nella platinotomia. Il recupero uditivo è nella maggior parte dei casi immediato (97% circa dei casi). Nel 2% circa si assiste ad un mancato miglioramento uditivo, mentre nell’1% dei casi ad un peggioramento uditivo ed in rarissimi casi a sordità totale post-operatoria. Altre possibili complicanze sono: la perdita transitoria o permanente di parte della sensibilità gustativa della lingua legata al traumatismo intra-operatorio della corda tympani; sintomatologia vertiginosa transitoria nel periodo postoperatorio; la perforazione della membrana timpanica e il deficit del nervo facciale sono estremamente rari.

Otite media cronica non colesteatomatosa
E’ caratterizzata in genere da perforazione timpanica, flogosi della mucosa dell’orecchio medio con conseguenti ipoacusia, frequenti episodi di infezione con secrezione dall’orecchio, talora acufeni.
In alcuni casi l’intervento di timpanoplastica associata o meno a mastoidectomia può essere risolutivo, consentendo di rimuovere il tessuto infiammatorio e risolvere le cause della patologia. Talora la semplice ricostruzione della membrana timpanica assicura un buon recupero uditivo. A volte si deve associare un’ossiculoplastica per ricostruire un discontinuità della catena degli ossicini.

Ossiculoplastica con protesi in titanio
Ossiculoplastica con protesi in titanio

Colesteatoma
Una particolare forma di otite media cronica è il colesteatoma, una cisti di pelle desquamata localizzata nell’orecchio medio. Tale condizione può essere congenita o più frequentemente acquisita per migrazione della pelle del condotto attraverso una perforazione della membrana o una tasca di retrazione della membrana. Le caratteristiche peculiari sono il progressivo accrescimento del colesteatoma con erosione e distruzione delle strutture circostanti. Oltre ai sintomi dell’otite media cronica, il colesteatoma può presentarsi con i sintomi secondari all’erosione ossea: ipoacusia e vertigini per erosione della catena ossiculare e/o dell’orecchio interno; nei casi più avanzati paralisi del nervo facciale e complicanze meningo-cerebrali. La diagnosi si base sulla storia clinica, l’otomicroscopia, l’esame audiometrico. La TC dell’orecchio è fondamentale nelle programmazione terapeutica che è sostanzialmente chirurgica. Esistono diverse tecniche chirurgiche, più o meno demolitive (tecnica chiusa, aperta, radicale) che vengono selezionate caso per caso ed adattate alle caratteristiche anatomiche del singolo paziente. Dopo l’intervento è necessario uno stretto follow-up ambulatoriale per verificare l’assenza di recidiva di colesteatoma. In caso di successo con eredicazione della patologia, esiste la possibilità di eseguire a distanza un secondo tempo chirurgico per ricostruire l’apparato timpano-ossiculare e ripristinare una soddisfacente funzione uditiva.

Esostosi del condotto uditivo esterno
Neoformazioni ossee benigne, ricoperte da cute integra e localizzate a livello della porzione interna del condotto uditivo esterno. Generalmente multiple e bilaterali, la loro crescita è molto lenta e sembra favorita da una periostite da freddo (immersioni subacquee o sport acquatici).
E’ indicato un trattamento chirurgico solo se la patologia diventa sintomatica: otite esterna cronica, ipoacusia trasmissiva per stenosi del lume totale o subtotale. L’intervento chirurgico, in anestesia generale o locale, consiste nell’asportazione delle esostosi attraverso il condotto uditivo esterno o, nei casi più difficili, con approccio retroauricolare.

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AUDIOLOGIA E VESTIBOLOGIA
a cura della Dott.ssa B.Mafera e del Dott. F. Piccoli

L’Audiologia e la Vestibologia sono due branche dell’otorinolaringoiatria che si occupano della diagnosi e del trattamento delle malattie che riguardano l’orecchio, la funzione uditiva e quella vestibolare, ossia l’equilibrio del proprio corpo rispetto all’ambiente circostante.
Tantissime sono le patologie dell’orecchio di cui ci occupiamo come, infiammazioni acute e croniche (otiti), otosclerosi, acufeni (tinnitus), perdite uditive (ipoacusie) di diversa origine, malattia di Meniere, vertigini posizionali da otoliti (vertigine parossistica posizionale benigna) e da altre cause e disturbi dell’equilibrio (dizziness).

ACUFENI
Per acufeni si intende un rumore percepito in assenza di fonti sonore esterne, può essere percepito nell’orecchio e/o nella testa, centralmente. Nella maggior parte dei casi l’acufene è soggettivo, ossia percepito solamente dal soggetto che ne soffre, meno frequentemente può essere percepito all’esterno dall’esaminatore, in quest’ultimo caso si tratta di somatorumori provenienti dall’articolazione temporo-mandibolare, dal sistema vascolare o da quello muscolare.
L’eziologia degli acufeni può essere da cause otologiche, non otologiche ma spesso sono acufeni idiopatici e molto spesso polifattoriali.
Per questi motivi la diagnosi dell’acufene deve essere rigorosa al fine di individuare le possibili etiologie ed il trattamento ,per così dire, olistico volto ad affrontare e curare le diverse cause e concause.
Affrontiamo dunque il problema ,”acufene” da un punto di vista farmacologico, riabilitativo, protesico, psicologico comportamentale, ma anche gnatologico e osteopatico.

VERTIGINI E DISTURBI DELL’EQUILIBRIO
Il panorama della vestibologia moderna è quello che ha subito recentemente le maggiori trasformazioni grazie a nuove, moderne tecniche diagnostiche che hanno permesso di individuare meglio vecchie patologie e scoprire nuove entità nosologiche. Di conseguenza anche i protocolli terapeutici hanno subito modifiche per diventare sempre più precisi e causali.

La vertigine è un disturbo dell’equilibrio, che si manifesta come la errata sensazione (illusione) di movimento dell’ambiente circostante rispetto al nostro corpo o del nostro corpo rispetto all’ambiente.
Il termine vertigine indica esclusivamente un sintomo e non la causa della patologia per cui i primo problema che lo specialista si trova ad affrontare è il corretto inquadramento del problema.
La vertigine può essere sia di origine centrale (disturbi del sistema nervoso centrale) che periferica (disturbi dell’orecchio interno) e questo, ovviamente, implica strategie diagnostiche e terapeutiche del tutto diverse.
La sindrome vertiginosa, soprattutto se di origine periferica, è quasi sempre associata a nausea (non di rado culminante in crisi di vomito ), tachicardia e sudorazione profusa; altre volte la sindrome vertiginosa si accompagna a sintomi cocleari (fullness, ipoacusia, acufeni) e ad emicrania.

LA VERTIGINE PAROSSISTICA POSIZIONALE BENIGNA
è senza dubbio la più comune forma di vertigine conosciuta anche come litiasi canalare o sindrome otolitica (canalolitiasi o cupulolitiasi); è determinata da un brusco distacco di piccole formazioni dette otoliti all’interno del labirinto posteriore (.
La sintomatologia, ad insorgenza brusca ed improvvisa, è caratterizzata da:
• Violente vertigini rotatorie di breve durata (da qualche secondo a qualche minuto) scatenate dai movimenti del capo e del collo e del tronco
• Nystagmo (movimento involontario degli occhi) con caratteristiche particolari
• Tendenza alla recidiva
• Assenza di sintomi otologici e neurologici
• Presenza di sintomi neurovegetativi (nausea, conati di vomito, tachicardia) di breve durata.
la diagnosi si effettua sulla base di una corretta anamnesi (tipica descrizione della sintomatologia da parte del paziente) e sulla base dell’esame otoneurologico bed_side: manovre eseguite dallo Specialista con l’ausilio di strumentazione quale gli occhiali di Frenzel e/o la videonistagmoscopia.
La terapia NON è farmacologica ma consiste in Specifiche manovre Liberatorie in grado di eliminare la sintomatologia in una o più sedute.