dott.ssa Alessandra Mancini

La terapia del dolore è spesso utilizzata soprattutto durante le ultime fasi di una malattia terminale ma in realtà la maggior parte dei pazienti a cui la medicina del dolore può essere utile e si dovrebbe indirizzare sono affetti da dolore cronico ma non da tumori (esempi: mal di schiena, cefalee, esiti di traumi, esiti di interventi chirurgici, malattie neurologiche).
Il contributo specifico dell’anestesista è costituito da qualcosa in più della semplice terapia medica: la modulazione della trasmissione del dolore nel sistema nervoso mediante somministrazione di anestetici (blocchi nervosi) o altri strumenti di interazione col tessuto nervoso, il più delle volte correnti elettriche (radiofrequenza, stimolazione nervosa midollare o di nervi periferici.
Questo ritardo a volte veniva attribuito alla “cultura cattolica” che vedrebbe il dolore come forma di espiazione. Pur riconoscendo che ciò possa essere accaduto presso qualche associazione religiosa (sebbene ciò contraddica la storia delle invenzioni cattoliche per soccorrere l’uomo sofferente), la posizione ufficiale della Chiesa Cattolica è desumibile in modo inequivoco da un documento di Pio XII agli anestesisti del 24 febbraio del 1957: “La soppressione del dolore e della coscienza per mezzo di narcotici (quando è richiesta da una indicazione medica) è permessa dalla religione e dalla morale al medico e al paziente”.
Il 15 marzo 2010 il Parlamento italiano ha licenziato una legge in cui si afferma il diritto alla cura del dolore per ogni individuo indipendentemente dalla malattia e dall’età.

Il dolore rende spesso il soggetto inabile sia da un punto di vista fisico che emotivo. Il dolore acutorelativo ad un trauma fisicoè spesso reversibile naturalmente. Il dolore cronico, invece, generalmente è causato da condizioni solitamente difficili da trattare. Talvolta i neurotrasmettitori continuano ad inviare la sensazione del dolore anche quando la causa scatenante non esiste più; per esempio un paziente a cui è stato amputato un arto può provare dolore riferito all’arto che non c’è più (sindrome dell’arto fantasma).
Il trattamento con mezzi farmacologici è composto principalmente da analgesici non oppiacei, oppiacei,antidepressivi triciclici, anticonvulsivanti, le misure non farmacologiche più utilizzate sono l’esercizio fisico e applicazione di freddo o calore. Il medico che si occupa di terapia del dolore è storicamente l’anestesista. La terapia del dolore negli ultimi anni, a fatica (soprattutto in Italia), tende a divenire una pratica collettiva di tutti i medici (dal medico di famiglia, al neurologo, chirurgo….), anche se per assistere alla sua piena diffusione e disponibilità nei fatti molta strada è ancora da percorrere.